In Uganda è stata approvata una nuova legge contro le minoranze sessuali. Nel paese era già illegale avere relazioni omosessuali, e nel 2019 era stata quasi approvato un provvedimento che aveva paventato anche la pena di morte. Ma da ora anche dichiararsi LGBTQ+  potrà comportare pene che vanno dai 10 anni di carcere all’ergastolo, o addirittura alla pena di morte per i casi più “gravi”. Il provvedimento prende di mira inoltre anche tutti i giornali e le associazioni che difendono o diffondono contenuti a favore dei diritti LGBQT+. Oltre a ciò, parenti o conoscenti saranno tenute a denunciare persone che si identificano come gay, lesbiche, trans o queer. Solo 2 parlamentari su 389 , martedì 21 marzo, hanno votato contro questa legge, dichiarata “spaventosa” da Amnesty International  che ha chiesto al presidente ugandese Yoweri Museveni  di non firmare la legge. Il presidente, infatti, è ancora in tempo per porre il veto contro la norma. La sua decisione è ancora incerta, non perché sia a favore dei diritti delle minoranze sessuali, aveva già manifestato comportamenti anti-gay in passato, ma per paure delle ripercussioni che l’approvazione di questa legge potrebbe causare ai rapporti con i paesi occidentali. La Casa Bianca, l’UE (che ricorda la Carta africana dei diritti dell’Uomo e il divieto di discriminazioni) e l’Onu si mostrano preoccupate e pronte a intervenire con sanzioni economiche, se necessario. L’Uganda è uno dei 30 paesi africani su 54 che attua discriminazioni contro le minoranze sessuali, portando avanti una politica che vuole l’Occidente  come “importatore” di omosessualità, nonostante gli antropologi mostrino il contrario: il colonialismo, infatti, ha portato ad un incremento dell’omofobia.

Ricerche e redazione

Anna e Irene