Al fronte potrebbe esserci un nuovo caso di disastro ambientale, simile a quello nucleare avvenuto a Chernobyl nel 1986; questa volta, però si parla della Siberia e, in particolare, dell’impianto di Usolyekhimprom.
Fallito nel 2017, in epoca sovietica questo stabilimento produceva un’enorme quantità di cloro, soda caustica, perossido di idrogeno, vernici, smalti, silicio policristallino e altri prodotti tanto da diventare una potenza straordinaria per tutto il territorio russo: pensate che necessitava l’impiego di più di 15mila dipendenti.
Nel 1998, a causa della concorrenza, il laboratorio cessò di esistere e scomparve completamente nel 2017. Con il licenziamento di tutti i dipendenti, non solo la fabbrica, ma l’intera cittadina nella regione di Irkutsk fu devastata sia nella sua economia sia nel suo ambiente.
Fu qui che iniziarono i problemi: nell’ottobre 2018 Svetlana Radionova, a capo dell’agenzia russa per la sicurezza ambientale, ha definito la situazione ecologica dell’impianto sovietico pari a quella di Chernobyl a causa del pericolo di fughe di sostanze velenose tra cui mercurio e solfato di rame. Inoltre, quest’ultimo avrebbe causato uno strano avvenimento durante gli ultimi mesi: si sono infatti verificati avvistamenti di cani con il pelo colorato di blu, un fatto che potrebbe significare una contaminazione da rifiuti tossici proveniente proprio dalla fabbrica abbandonata che si trova vicino al luogo in cui sono state scattate le foto degli animali, ovvero nella regione Nizhny Novgorod. È probabile che i cani abbiano trovato un magazzino pieno di sacchi aperti, contenenti sostanze tossiche e irritanti, e vi si siano rotolati dentro.
Alcuni serbatoi dell’impianto siberiano potrebbero scoppiare e sfociare nell’Angara, grande fiume siberiano. Proprio per questo il governo ha il dovere di agire il prima possibile cercando di terminare i lavori di messa in sicurezza del territorio: probabilmente questa azione dovrà essere effettuata entro il mese di agosto 2021, secondo quanto annunciato dall’agenzia di stampa russa Tass.
In tutto ciò però, subito dopo la sua chiusura, l’impianto non è stato demercurizzato e sotto l’edificio è rimasto mercurio, trattenuto dall’argilla. Secondo gli ultimi dati, nel sottosuolo vi sono circa 18mila tonnellate di rifiuti. A luglio, il presidente russo Vladimir Putin aveva ordinato di iniziare a smaltire i rifiuti chimici il prima possibile e, solo nel 2020, sono state eliminate le strutture più pericolose, è stata smantellata la fabbrica di elettrolisi del mercurio e sono stati neutralizzati i contenitori con prodotti chimici.
Lo scopo finale è quello di riqualificare completamente il sito, facendo riaffiorare un prato verde e rivendere il mercurio puro, prelevato dalla zona contaminata. L’azione deve risultare tempestiva, soprattutto ora, che con il 35esimo anniversario del disastro di Chernobyl, risultano ancora importanti le conseguenze dell’inquinamento chimico ambientale, rimasto irrisolto per lungo tempo.
Ricerche
Sara e Marta
Redazione
Marta