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Norvegia e Artide: quando gli interessi economici superano quelli climatici

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Il 12 gennaio il governo della Norvegia ha vinto una causa contro due organizzazioni ambientaliste che si opponevano al permesso di scaricare rifiuti minerari in uno dei fiordi del paese: da ora, quindi, alla società mineraria Nordic Mining sarà consentito smaltire tonnellate di rifiuti nel fiordo di Førde. Un portavoce del governo ha affermato di essere consapevole dei danni ambientali che seguiranno questa decisone, ma che questa è l’unica opzione di stoccaggio dei rifiuti disponibile al momento. Questa sentenza segue di pochi giorni l’approvazione da parte del parlamento norvegese di una legge che consentirà l’estrazione mineraria dei fondali marini. La Norvegia è il primo paese a permettere questa pratica, detta “deep sea mining“, e lo fa tra le proteste degli ambientalisti, preoccupati delle conseguenze che questa pratica potrebbe avere sugli ecosistemi marini.
Eppure questo è solo l’ultimo dei casi in cui l’economia e il desiderio di profitto vincono sull’ambientalismo. L’Artide in particolar modo è una zona che da anni è oggetto di attenzioni da parte delle potenze mondiali, che sono pronte ad accaparrarsene un pezzo. Con lo scioglimento dei ghiacciai, infatti, diverrà sempre più praticabile la rotta artica, che rivoluzionerebbe i commerci mondiali. Proprio in questa direzione si stanno da qualche hanno muovendo Cina e Russia, che stanno investendo in numerosi progetti condivisi per consolidare la rotta artica e allo stesso tempo la loro influenza su di essa.

Ricerche e redazione

Anna

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