L’Etiopia si sta prestando da sfondo ad una guerra che, a partire dal 4 novembre 2020, sta causando la destabilizzazione di migliaia di vite dei civili. Lo scontro armato ha avuto inizio quando il primo ministro Abiy Ahmed ha dato l’ordine alle forze difensive etiopi (EDF) di iniziare il conflitto contro la polizia paramilitare del Tigray e la milizia leale al Fronte(TPLF), motivati in quanto risposta agli attacchi da parte del Tigray nei confronti della base dell’EDF a Mekelle. Ad essere rimaste coinvolte in questa guerra sono le centinaia di donne vittime degli stupri effettuati dai combattenti tigrini (riconosciuti dalle sopravvissute per via dell’accento e degli insulti rivolti alla regione delle ragazze, l’Ahmara). Ad assistere le superstiti sono membri del personale sanitario come l’infermiera 35enne Mulu Mefsin, la quale dice “Anch’io sono una sopravvissuta, anch’io, dopo 20 anni, accuso ancora il trauma della stessa violenza”. È stata proprio la sua esperienza traumatica ad averla spinta a soccorrere più di 800 donne dall’inizio dei conflitti. Le violenze sessuali, infatti, vengono utilizzate come vere e proprie armi dai militari in quanto, una volta liberate, le donne diventano testimoni delle crudeltà di cui i soldati sono capaci innescando quindi un meccanismo di terrorismo psicologico ai danni della controparte. “Arrivano lacerate nel fisico e nella mente, – racconta Mulu – violentate senza pietà da decine di uomini in divisa che le tengono prigioniere per giorni e poi le lasciano andare, in modo che raccontino cosa hanno subìto e terrorizzino la popolazione. Le feriscono per renderle sterili”. Per il suo aiuto prestato alla popolazione, la Bbc l’ha scelta come una delle 100 donne più rappresentative del 2021, sperando che la sua testimonianza possa servire a non rimanere indifferenti.

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