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USA: le disastrose conseguenze umanitarie della chiusura di USAID

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Una catastrofe per tanti paesi

Tra le scelte discutibili del neo presidente Donald Trump, oltre dall’uscire dall’Oms e dagli accordi di Parigi, c’è anche la decisione di chiudere l’USAID.  Azione fortemente spinta da Elon Musk, che ha definito l’agenzia “criminale” e “uno spreco di soldi”.

Una prima conseguenza e la creazione di confusione e disagi per i 10mila impiegati moltissimi dei quali sono stati forzatamente congedati. Tra questi molti, che lavorano in missioni all’estero da anni dove si sono costruiti una famiglia, saranno costretti a tornare in America.

Problemi ancora più grandi si sono creati nel resto del mondo, in tutti i paesi in cui i fondi di USAID erano una grossa parte dei finanziamenti. Infatti si conta che l’aiuto americano era circa il 40% di tutti gli aiuti umanitari globali monitorati dall’Onu, per un budget di circa 70 miliardi di dollari all’anno. Tra i  programmi che erano in parte finanziati dall’USAID ci sono il sostegno dell’istruzione dei giovani in Mali, per 4,6 milioni di persone sfollate la garanzia di cibo, acqua, elettricità e cure mediche di base nella Repubblica Democratica del Congo, la rimozione di mine antiuomo in Cambogia, sostegno di giornali indipendenti in Ungheria e Ucraina e aiuti per le popolazioni indigene in Brasile, ma anche programmi per campi profughi in Myanmar, la lotta contro la fame in Sud Sudan, sostegno alle donne in Afganistan e la trasformazione di campi da cocaina a caffè e cacao per combattere la lotta al narcotraffico in Perù. All’interno di tutti questi programmi e molti altri, si sono dovuti licenziare dipendenti, chiudere strutture o terminare progetti, con conseguenze catastrofiche per le persone. Per esempio l’organizzazione SavEd ha dovuto interrompere il sostegno alla scolarizzazione dei bambini in Ucraina, studenti universitari in Malawi si sono all’improvviso ritrovati senza una borsa di studio, nell’Africa Subsahariana sono stati chiusi numerosi centri per la prevenzione e la cura dell’HIV e l’associazione sanitaria turca Dünya Doktorları, il cui bilancio dipendeva il 60% da USAID, è stata costretta a licenziare 300 dipendenti e a chiudere 12 ospedali in Siria. Secondo alcune Ong saranno più di 90milioni le persone colpite e a soffrire di più di tutti sarà l’Africa.

Si crea così un enorme vuoto nel contesto degli aiuti umanitari globali, che difficilmente verrà colmato dall’Europa, che in questo ambito spende circa 50 miliardi di euro all’anno. Infatti il piano di bilancio dell’Unione Europea viene effettuato ogni 7 anni e nel mezzo sono attuabili solo pochissimi cambiamenti, senza contare che molti paesi europei stanno affrontando problemi economici e molti leader non sono favorevoli all’idea. Entrano allora in gioco i paesi dei BRICS+. Ed ecco un’altra conseguenza della fine dell’USAID: l’aumento del soft power cinese. Infatti la Cina, che aveva già iniziato a espandere la sua influenza nei pesi in via di sviluppo, soprattutto finanziando infrastrutture, si sta già sostituendo agli USA. Un esempio di questo scambio di finanziamenti è quello della rimozione delle mine antiuomo in Cambogia.

 

Ricerche e redazione:

Irene

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