Il Venezuela sta vivendo in uno stato di crisi ormai da quasi dieci anni. Tale situazione va a toccare molteplici aspetti del Paese, il quale presenta problematiche economiche, politiche e sociali. Dal punto di vista economico, la crisi ha iniziato a verificarsi nel 2013, in corrispondenza dell’elezione dell’attuale presidente Nicolás Maduro, soprattutto a causa del crollo dei prezzi del petrolio: il Venezuela, infatti, possiede circa il 20% delle riserve mondiali di greggio e l’esportazione del petrolio ricopre il 98% del suo export totale. L’economia ha conseguentemente iniziato ad avere un andamento sempre meno produttivo e più dipendente dalle importazioni. A causa di un cambio sfavorevole e di un reddito in calo, anche le importazioni hanno subito un brusco arresto, lasciando il Paese sprovvisto di moltissimi beni di prima necessità quali cibo e medicine. Investire capitali è, inoltre, diventato sempre più difficile in quanto gli investitori, non tutelati, sono esposti al rischio di esserne espropriati. Impoveritasi sempre di più, l’intera popolazione ha percepito l’impatto di un’economia così in difficoltà (si stima che il 94,5% dei venezuelani viva in povertà). In primo luogo il tasso di criminalità si è pericolosamente alzato con numeri costantemente crescenti di omicidi e rapine. A causa dell’iper-inflazione ad essere oggetto di furto non è più il denaro, bensì i beni di consumo. Di fronte a queste difficoltà, la società ha iniziato a mobilitarsi tramite proteste – e tentativi di colpo di Stato – con l’obiettivo di richiedere al governo un cambiamento che sembra, però, non avvenire. Maduro, infatti, con il suo governo ha instaurato un clima dittatoriale in cui vengono meno i diritti umani del popolo: la libertà di stampa è violata e ogni genere di manifestazione è repressa violentemente. Oggi si è di fronte ad un grandissimo flusso migratorio proveniente proprio dal Venezuela che conta ormai circa 7 milioni di individui coinvolti.

Ricerche e redazione

Elena e Marco